parrocchia Santa Barbara - page 119

“Non nobis Domine”: sessant’anni di fede
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“Non nobis Domine”: sessant’anni di fede
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La recita dei Vespri all’Abbazia di Praglia
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contributo di Gabriella Vezzari.
Domenica di settembre, splendida giornata di sole. Una di quelle giornate in cui avverti
la presenza del Signore. Cielo terso. Aria frizzantina. Partiamo nel pomeriggio con gli
amici del coro e dopo poco più di mezz’ora arriviamo a Praglia, a 12 chilometri da
Padova. Il traffico e il caos cittadino è subito dimenticato. Davanti ai nostri occhi, nella
sua grandiosità, l’Abbazia dei monaci Benedettini. Potete immaginare lo spettacolo.
L’Abbazia sorge ai piedi dei colli Euganei lungo l’antica strada che conduceva ad Este,
e si snoda in un complesso maestoso di 18.000 mq. Pensate che la superficie coperta è
di 13.000 mq. Ci accoglie davvero come casa di Dio. Una volta entrati, un monaco ci
accompagna nella visita… una festa per i nostri occhi, in questo monumento d’arte,
dove camminiamo fra i chiostri, incantati dal paesaggio che ci circonda, e i corridoi e
le stanze del monastero. Tutto parla di storia e di Dio. Non si può che pensare al
Signore e alla sua grandezza! E ancora una volta, nelle logge, i nostri occhi si perdono
ad ammirare gli orti, le viti, le coltivazioni di piante officinali. Il cammino quotidiano
della comunità monastica viene articolato fondamentalmente nella preghiera, nella
Lectio Divina, nel lavoro e nella vita fraterna. Lavoro che comprende la preparazione
di vini, liquori, tisane, caramelle che poi i monaci vendono in un “negozio” che è un
tripudio di colori e profumi. Il mio animo è sereno e sperimento la presenza di Dio.
Entriamo nella chiesa del monastero dedicata alla Beata Maria Assunta. I monaci si
raccolgono più volte al giorno per la preghiera liturgica riconoscendo il primato di Dio
e la sua misericordia e noi vogliamo essere presenti alla recita dei Vespri. Rimaniamo
seduti ad attendere, in un silenzio quasi irreale. Un silenzio che “fa bene”. Noi e il
Signore, in un muto colloquio. E ancora una volta “grazie”. Grazie per tutto questo
silenzio che mi rafforza. Grazie per questo rifugio che mi offri. Alle 18,30 in punto, le
prime note dell’organo e la processione che inizia, le voci dei monaci sembrano le voci
degli angeli e il mio cuore ha un sussulto. Seguiamo i Vespri, consapevoli di questa
grazia che stiamo vivendo. Alla fine intoniamo il Padre Nostro. La nostra voce si
mescola con quella dei benedettini e in questo canto c’è tutto l’amore e la gratitudine
per Dio. Quando l’ultima nota dell’organo svanisce, anziché uscire ci sediamo: ancora
una volta. In silenzio.”
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